La Ricetta per un Omicidio

Parte 2

Ormai erano passate le dieci quando tornai a casa.

Avevo completamente dimenticato del foglietto. Non vedevo l’ora di leggerlo, ma la confusione alla caffetteria aveva relegato quel pensiero in un angolo recondito della mia memoria.

Mi piace osservare le persone, si potrebbe anche dire che fosse il mio hobby.

Uno dei motivi che mi aveva spinto a lavorare in quel locale era proprio l’interesse verso i vari tipi di persone che lo frequentavano.

Una ragazza che si sedeva sempre allo stesso posto e continuava a fissare l’esterno. Un ragazzo, nel fiore dei suoi anni, che veniva ogni volta con una donna diversa. Una coppia che, fino a sei mesi prima era affiatata ed ora, era arrivata ai ferri corti. E molto altro.

Era qualcosa che stimolava la mia fantasia: uno dei miei passatempi preferiti.

Alla fine, non ero poi tanto diverso da Kamogawa. Ero solo un ragazzo di 17 anni e, come lui, non volevo conoscere la verità ma solo crogiolarmi nelle mie fantasie.

Mi stavo rilassando, godendomi uno splendido bagno caldo, quando mi ricordai del foglio che avevo preso in classe.

Ancora avvolto dal tepore, mi ficcai nel letto e lo aprii. Mentre cercavo di tenere a freno la mia curiosità, notai subito il titolo:

La Ricetta per un Omicidio

Mi sentivo come se stessi leggendo un giallo di qualche autore famoso, probabilmente a causa di quel titolo che lo ricordava parecchio.

Un pezzetto di carta apparso dal quaderno dalla ragazza che era sulla bocca di tutti: Youko Tsukimori.

Per quanto non si facesse altro che parlare della sua vita amorosa, la sua reputazione restava perlopiù irreprensibile. Senza dubbio non era una ragazza a cui si potesse attribuire il titolo di assassina.

Forse, fu proprio questo particolare a stuzzicare la mia curiosità. Contrasti del genere possiedono una sorta di potere mistico che ti risucchia al loro interno, nel bene o nel male.

Diedi una veloce occhiata al testo, completamente rapito. Come il titolo suggeriva, era un elenco di modi per uccidere.

Alcune parti erano state corrette, e riscritte più volte, indicando che la ricetta era stata rimaneggiata. Potevo sentire il respiro dell’autore. Quelle lettere disordinate, vive, quasi mi parlavano.

Mentre leggevo, scoprii qualcosa che accomunava tutte quelle modalità.

L’obiettivo più importante sembrava essere l’eliminare qualcuno senza sporcarsi le mani. Non era stato scritto da una persona che amava uccidere e che identificava l’omicidio come il fine ultimo.

«Forse si sta allenando per diventare una scrittrice di gialli.»

Sembravano gli esercizi di uno scrittore. Ma erano confusi e lontani dalla perfezione.

Ad esempio: c’era un metodo intitolato “La Ricetta per il Falso Omicidio Stradale”. La preparazione era abbastanza semplice:

1) Prendi una strada di montagna molto ripida.

2) Disturba il guidatore in qualche modo.

3) Fagli perdere il controllo del volante.

Era stilato come un elenco. Alcune note fra cui “Telefona al guidatore per distrarlo?” o “Posiziona qualche ostacolo sulla strada?”, erano sparse un po’ ovunque.

Come si poteva evincere, il tutto era ancora in fase embrionale. Stava ricercando svariate idee, per poi perfezionarle?

Aveva ridotto i rischi al minimo, ma non credevo che quel piano potesse aver successo. Era palese l’impegno, ma se avesse voluto uccidere qualcuno, quelle modalità non sarebbero state efficaci.

Lasciai la ricetta sulla scrivania. Avevo avuto aspettative così grandi che la delusione fu immensa. Quei contenuti infantili avevano ucciso il mio interesse.

«Mi ha solo rovinato il bagno.»

Dopo essermi lamentato ad alta voce, mi avvicinai alla mia libreria per togliere l’amaro in bocca leggendo un vero giallo.

«Un momento…»

Mi fermai con la mano a mezz’aria mentre un nuovo pensiero sollevava la mia mente dalla nebbia della noia.

Chi era il proprietario de “La Ricetta per un Omicidio”?

Youko Tsukimori!

E se, ipoteticamente, l’avesse scritta perché voleva davvero… uccidere qualcuno? Questo pensiero rese quel testo disordinato alquanto realistico.

Tralasciando le motivazioni, esisteva qualcuno che Tsukimori voleva vedere morto, tanto da scrivere piani disperati per ucciderlo.

Quella Tsukimori! Bella, intelligente, affascinante e adorata da tutti!

Aveva scritto più e più volte quel piano raffazzonato…

«…non è adorabile?»

Se quest’ipotesi si fosse rivelata vera, sarei potuto diventare un suo grande fan.

La mia mente iniziò a macinare pensieri. Iniziai a fantasticare su chi volesse uccidere, sul perché e sulla sua personalità nascosta. Continuai finché non si intravide l’alba a est nel cielo.

Il mattino seguente arrivai a scuola più in ritardo del solito.

Quando entrai, molti dei miei compagni erano già lì. Naturalmente, anche Tsukimori.

Mentre mi avvicinavo alla mia sedia, la guardai sottocchio. Stava sistemando le sue cose sul banco. A chiunque altro sarebbero sembrate azioni normalissime.

Non a me.

«Buongiorno, Tsukimori», la salutai come sempre.

Smise di cercare nel suo banco, piegò la testa e mi guardò, mentre col mignolo spostò i suoi lunghi ed eleganti capelli del viso. «Buongiorno, Nonomiya.»

Mi mostrò il suo sorriso maturo, come sempre.

In circostanze normali, la nostra conversazione sarebbe morta lì. Ci conoscevamo sommariamente, solo da poterci scambiare i convenevoli.

«Stai cercando qualcosa?»

Non quella mattina. La curiosità mi stava divorando e pensavo stesse cercando la ricetta.

La squadrai alla ricerca di ogni minimo cambiamento nella sua espressione.

«No, sto solo sistemando le mie cose.»

Sfortunatamente non si scompose.

Risposi, «Va bene» e, diretto al mio posto, pensai a quanto fosse noiosa la realtà comparata all’immaginazione.

«Ma…» disse mentre ero voltato di spalle, «perché pensi stia cercando qualcosa?»

Dovetti sforzarmi per rimanere composto.

Mi sentivo come se fosse caduta nella mia trappola. Senza considerare i suoi sentimenti, ero eccitato dai possibili risvolti.

«Così… Ero solo curioso,» mi girai verso lei, facendo il finto tonto «ma lascia che sia io a domandartelo, perché me lo chiedi?»

Decisi di testare il terreno.

«Nessun motivo in particolare.»

«Capisco…»

Ancora con quel suo sorriso. Avrei voluto strapparglielo, ma non volevo andare subito al nocciolo della questione. Volevo giocare il mio asso nella manica solo alla fine.

«Se» iniziai, «ti dovesse servire una mano, conta su di me.»

«Cosa succede Nonomiya? Non ti ricordavo così gentile.»

«Sono molto più gentile di quanto tu possa credere.»

«Ti chiedo scusa. Me lo ricorderò.»

«Naturalmente, la motivazione principale sarebbe quella di fare in modo che, una ragazza popolare come te, possa essere in debito con me.»

Tsukimori ridacchiò.

«Grazie infinite. Se dovessi avere qualche problema, ti chiamerò sicuramente.»

Sorrise socchiudendo gli occhi.

Non sembrava che non stesse tramando qualcosa. Non nego che il mio pensiero non abbia influenzato questa interpretazione.

La conversazione finì con l’ingresso del professor Ukai in classe.

Ero abbastanza contento quel giorno. Kamogawa e gli altri mi tartassarono chiedendomi della mia conversazione con Tsukimori, ma considerai la giornata produttiva avendo scoperto quanto elettrizzante e divertente fosse parlare con lei.

Era tutto frutto della mia fantasia.

Ma era comunque meglio della noiosa realtà.

Senza nessuna novità, la mia pacifica routine quotidiana passò e, prima che me ne accorgessi, erano già trascorse due settimane dal ritrovamento della ricetta.

Non essendoci state novità a stuzzicare la mia immaginazione, l’eccitazione svanì quasi del tutto, dimenticandomi di quella vicenda.

Avevo aspettato troppo per giocare l’asso e la partita era ormai finita lentamente e silenziosamente. Che situazione patetica.

Un cambiamento arrivò all’improvviso.

Forse… quella partita non era nemmeno iniziata.

Andai a scuola come al solito e la classe era rumorosa. Non vedevo Tsukimori da nessuna parte.

Non capivo cosa stesse succedento, ma la risposta non si fece attendere.

«Nonomiya, hai sentito?»

Chiese Kamagawa.

«Non posso dirti di no.»

Ovviamente non avevo idea di cosa stesse parlando dato che la sua frase era carente di oggetto.

«Qualcuno della famiglia di Tsukimori è morto.»

Il mio cuore accelerò.

«Chi?» chiesi sopprimendo l’eccitazione crescente.

«Forse suo padre. In un incidente stradale. Mi dispiace così tanto per Youko…», rispose Usami con un’espressione triste.

«Mi dispiace molto per lei. Perdere il padre a questa età è così…»

A differenza del suo solito, anche Kamogawa aveva un’espressione addolorata. Doveva essere una reazione normale.

«Dobbiamo starle vicino.»

Io, però, provavo sensazioni molto diverse dagli altri. Youko Tsukimori, incidente stradale, morte: le parole chiave riportavano alla ricetta dell’omicidio.

Dovetti lottare disperatamente per sopprimere il ghigno che si stava delineando sul mio volto.

Le cose si sarebbero fatte interessanti.